domenica 1 febbraio 2009

Kinshasa, semi di speranza

AFRICA ALLE PORTE
A Kinshasa, metropoli di 10 milioni di persone, i minori in strada sono oltre 14 mila. Il progetto pilota del Cesvi si rivolge ai cosiddetti gruppi "recidivi"

Riceviamo e pubblichiamo
Bongo... mbote te...”: se non mi dai i soldi... non ti saluto (in lingua lingala). Vincent e Cedrick, due tra i ragazzi di strada con cui lavoriamo, non mi volevano dare la mano, non mi volevano salutare, perché l’équipe educativa del progetto Cesvi aveva deciso di non dare loro i soldi guadagnati dall’ultima vendita del bilolo (verdura locale) al mercato, come punizione per il cattivo comportamento durante la settimana. I soldi li hanno avuti con una settimana di ritardo rispetto agli altri: non stavano più nella pelle, ma hanno imparato qualcosa. Non è facile portare avanti questo piccolo progetto: ogni giorno bisogna contrattare con i ragazzi. A volte sembra di fare dei passi avanti, a volte sembra di tornare indietro.

Cesvi, in collaborazione con l’associazione locale IRED, sta sviluppando, ormai da un anno, un’azione a favore dei ragazzi di strada di Kinshasa. Abbiamo scelto di non indirizzarci verso un intervento di assistenza, ma piuttosto di accompagnamento per raggiungere un obiettivo ambizioso: il reinserimento socio-economico del ragazzo. In questa fase pilota, lavoriamo con un gruppo ristretto di 20 minori, 7 ragazze e 13 ragazzi. I minori hanno seguito dapprima una formazione di 6 mesi sulle tecniche agricole, con alcuni argomenti teorici spiegati attraverso le immagini (quasi tutti sono analfabeti) e una parte, più estesa, di pratica. Per rendere efficace la pratica abbiamo deciso di proporre ai ragazzi di alloggiare vicino al terreno agricolo e abbiamo preso in affitto una casa nel villaggio, a 15 Km da Kinshasa. Così il lavoro è cominciato.

Poco alla volta i ragazzi hanno appreso come lavorare la terra, realizzare orti, scegliere i semi, seminare, trapiantare; hanno imparato di quanta acqua ha bisogno ogni pianta e quali rimedi naturali proteggono gli ortaggi dagli insetti; hanno appreso il ciclo di ogni ortaggio, la coltivazione della manioca e delle arachidi, il raccolto delle verdure e la vendita all’ingrosso o al dettaglio. Sul piano tecnico non ci sono stati grossi problemi. Il lavoro più impegnativo è stato l’accompagnamento psico-sociale ed educativo. Questa attività richiede tempo sia per gli adolescenti cresciuti in famiglia sia - ancora di più - per i ragazzi che hanno vissuto tanti anni o tutta la vita sulla strada. Cesvi opera con un gruppo di ragazzi “recidivo”, ovvero con ragazzi che hanno già beneficiato di assistenza o di formazione professionale, ma sono sempre ritornati sulla strada. Hanno tra i 16 e i 18 anni, e a Kinshasa le associazioni locali che cercano di dare assistenza ai bambini di strada non se ne occupano più: sono troppo grandi, sono violenti, difficili da gestire, disturbano e maltrattano i bambini più piccoli.

A Kinshasa, metropoli di circa 10 milioni di persone, si stima ci siano 14.000 minori in strada; in questo contesto è comprensibile che le associazioni si concentrino sull’assistenza ai bambini al di sotto dei 15 anni, riuscendo a raggiungerne circa 3.000 all’anno. Tale scelta, però, condanna quelli che hanno già superato i 15 anni a restare in strada e a vivere di quello che offre la strada: prostituirsi per meno di un dollaro, rubare o entrare in bande criminali, mendicare, essere sfruttati dagli adulti per lavori umili o pericolosi in cambio di qualcosa da mangiare o di pochi franchi congolesi. Noi abbiamo scelto di lavorare con questi ragazzi ormai considerati “persi”, abbiamo capito che non sono senza speranza, ma per arrivare a un reinserimento duraturo hanno bisogno di un accompagnamento di lunga durata e di qualità. Hanno bisogno di essere ascoltati, ben accolti, trattati alla pari, di ricevere nuovi stimoli, di essere conquistati da cose belle, di trovare persone in cui riporre fiducia. Con l’equipe educativa abbiamo messo in pratica vari esperimenti e strategie per conquistarli e spingerli sempre di più sulla strada dell’autonomia. Ad esempio, per quello che riguarda la responsabilizzazione al lavoro (nel nostro caso il lavoro agricolo) abbiamo formato gruppi di due ragazzi: ogni gruppo gestisce direttamente una decina di orti. Sono loro stessi che decidono quali semi piantare e curano la pianta fino al momento della raccolta e della vendita. L’altro meccanismo che stiamo attuando si basa sulla creazione di una cooperativa, per ora informale. Svilupparsi in cooperativa permetterà ai ragazzi di essere più solidi economicamente. Li stiamo accompagnando perché siano capaci sempre più di coordinarsi, di organizzare il lavoro di produzione e di vendita, di pianificare i bisogni e calcolare il guadagno. La responsabilizzazione riguarda anche la gestione del denaro. I ragazzi vendono i prodotti al mercato e tengono per sé il guadagno, a parte una quota - decisa da loro - che versano nella cassa della cooperativa e che serve per dare sostenibilità alla cooperativa stessa. Alcuni consumano i soldi appena li hanno guadagnati, altri li danno in consegna a uno degli educatori Cesvi o hanno dei piccoli progetti di investimento.

La formazione, la conoscenza di un lavoro, il conseguimento di un diploma e i primi guadagni hanno reso questi ragazzi delle persone fiere di ciò che sono. Molti si sono riavvicinati alla famiglia d’origine, orgogliosi di poter mostrare che hanno un lavoro e possono portare a casa qualche soldo oppure del riso o del sapone, contribuendo così al benessere dei familiari.
È un segno importante: esistono vie d’uscite al problema dello sfruttamento del lavoro minorile anche in contesti sfavorevoli come la poverissima città di Kinshasa.
(di Ludovica Ghilardi; foto Cristina Francesconi) -

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