mercoledì 10 marzo 2010

Le liste elettorali, una figuraccia

QUAL E' LA VERA PROFESSIONALITA'
DEL POLITICO?

Le recenti vicende delle liste elettorali, con annesso il Decreto interpretativo verso cui ha optato alla fine, stretto nella morsa, il presidente Napolitano, hanno offerto uno spettacolo indecoroso di scarsa professionalità della politica italiana che non deve essere tuttavia esagerato.
Anche la classe politica più efficiente può incontrare difficoltà. La cosa importante è accorgersene, chiedere scusa e continuare ad andare avanti migliorando. Ciò ovviamente non risolve per nulla la questione relativa al valore stesso della politica italiana, la quale non sarebbe stata certamente immune da critiche anche se la vicenda delle liste elettorali non fosse accaduta per nulla.

Ogni professione richiede una competenza specifica. E questa si ricava dall’attitudine e dalle preparazioni necessarie per poter essere all’altezza della mansione che si deve svolgere per fare bene uno specifico lavoro. Non è importante stabilire quale lavoro abbia maggior peso.

Ogni attività professionale richiede ad una persona di saper operare bene in quella specifica mansione. E qualcuno può operare bene solo se comprende il significato vero del suo lavoro. Basta pensare a professioni come il medico o il professore per capire che se non è compreso il senso comunitario della cura personale o della formazione culturale difficilmente potranno mai essere svolti a dovere quei tipi di lavori.
D’altro canto, anche la politica è una professione. Bisogna avere doti particolarissime che non sono equiparabili a quelle di nessun altro. Tuttavia la peculiarità della professione politica è quella di non avere nessuna vera professionalità.

Perciò si può divenire dei politici solo se un lavoro lo si sa già fare. E si può essere dei politici in gamba solo se si concepisce chiaramente il diverso ruolo professionale e le diverse competenze di lavoro che entrano in gioco quando si opera politicamente.
I pensatori classici amavano chiamare questa funzione distinta il “bene comune”, concepito come il fine ultimo della politica.
Isidoro di Siviglia spiegava che esso consiste nel gestire i beni degli altri senza alcun interesse proprio. Non che non si debbano continuare ad avere interessi personali, ma essi non costituiscono, e non devono costituire mai, per un politico la vera finalità che muove ad agire nella gestione degli affari pubblici.

L’etica, perciò, è la base unica dell’attività politica, perché il politico è il professionista delle virtù. Non a caso, di tutte le doti umane quella più importante è la prudenza.
E la prudenza, che significa “agire ponderatamente seguendo la ragione”, è il valore politico per eccellenza. Naturalmente dopo quello di non perseguire mai l’interesse privato, ma solo il bene comune. Ossia, avere la missione assurda di servire e non rubare.



4 commenti:

Andrea Botta ha detto...

Complimenti, rivedo in questo scritto le tracce del "pensare politicamente" di quello che ritengo essere il mio maestro (anche se non l'ho mai conosciuto personalmente) Giuseppe Lazzati.

Per essere politici bisogna studiare, essere preparati e competenti, così come pretendiamo che siano preparati e competenti i medici che ci curano, gli ingegneri che costruiscono i ponti...
E le 'virtù' devono far parte del bagaglio del politico.

Altrimenti la politica diventa improvvisazione, clientelismo, occupazione di potere.

Alce Grigia ha detto...

Condivido le considerazioni sul politico "ideale"... purtroppo siamo su di un altro pianeta.
Etica, virtù e che sono mai?!
Comunque non dispero.

Fabrizio Piacentini ha detto...

Il tuo commento è particolarmente azzeccato.Come sai ho idee diverse,quasi sempre contrastanti, ma hai scritto una riflessione nobile e bella. Cordialmente.
Fabrizio Piacentini

pessimista ha detto...

Il degrado di questo paese purtroppo è continuo ed inesorabile. Coinvolge ormai tutto, il pubblico, il privato e anche la quotidianità di tutti noi. Viviamo in un paese dove tutto è consentito, dove furbizia e disonestà non sono biasimate ma tollerate e normalizzate. Siamo un paese sempre più cafone, magari ben vestito e forse più bello che in passato ma terribilmente squallido e bizantino.