SONO STATO PRESO IN GIRO
DALLA LEGGE SUL MADE IN ITALY
Riceviamo e pubblichiamo
(Ci scusiamo con chi ci ha sottoposto la questione, perchè per nostra colpa era andata nel dimenticatoio! Cerchiamo di recuparare...)
(di M.S.) La legge 1930 su etichettatura del "Made in Italy"
Sono un imprenditore e da 21 anni lavoro nell'azienda fondata da mio padre.
Con grossa sorpresa e con gran vanto dei promotori leggiamo il decreto legge n.1930 a firma del leghista Reguzzoni che vede cofirmatari, tra gli altri, i deputati Versace e Lulli.
Il presente decreto legge approvato alla camera dei deputati in data 10 dicembre 2009 a tutela dell'etichettatura del prodotto italiano è in verità una scappatoia per grandi firme perché facendo solo 2 lavorazioni in Italia si possono permettere di marcare il prodotto finale con la dicitura "made in Italy". (ma la Lega - contro Roma Ladrona - non è sempre pronta a tutelare gli interessi delle industrie del Nord? n.d.r.)
Il comma 4 di questo disegno di legge recita «L'impiego dell'indicazione Made in Italy è permesso esclusivamente per prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione, come definiti ai commi 5,6 e 7, hanno avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale e in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione sono state eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti è verificabile la tracciabilità».
Il comma 5 che riguarda il tessile dice «Nel settore tessile, per fasi di lavorazione si intendono: la filatura, la tessitura, la nobilitazione e la confezione compiute nel territorio nazionale anche utilizzando fibre naturali, artificiali e sintetiche di importazione».
In questo modo filature, tintorie, tessiture sono destinate alla chiusura perchè il tessuto fatto a Prato ha la stessa dicitura sul mercato di un tessuto importato dalla Cina, rifinito in Italia e confezionato in Italia (magari da aziende illegali).
Quindi cari colleghi imprenditori chiudete prima possibile che la nostra "opera" non conta più niente.
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