L'APPELLO DISPERATO DI GIOVANNA
Riceviamo e pubblichiamo
(di Antonio Di Pietro)
Quella operata nella scuola dal ministro dell'Istruzione Gelmini, dicastero che rinominerei della Distruzione, è una sorta di pulizia etnica della razza del precariato. Una razza debole, quella del precario, che dopo essere stata vessata dal mondo del lavoro, pubblico e privato indifferentemente, ora riceve il colpo finale dallo Stato che dovrebbe proteggerla.
Il governo per distribuire milioni di euro alle imprese amiche è costretta ad adottare espedienti da illusionista e, dove non può giocare con gli stessi soldi spostandoli da una parte all'altra per ingannare i cittadini (come gli aerei di legno di Dudley Wrangel Clarke nella seconda guerra mondiale per ingannare i tedeschi), è costretto a tagliare i rami più deboli: i precari. In due anni nella scuola ne saranno falcidiati più di 130 mila tra corpo docente e Ata, ed i numeri sono cautelativi. Gli effetti di questo "sterminio", oltre l'impossibilità a sostentarsi per intere famiglie, saranno devastanti: dall'impoverimento didattico ed educativo allo spopolamento di piccole frazioni e comuni, abbandonati o ridotti ad agglomerati fantasma poichè privati delle strutture d'istruzione della prima infanzia e adolescenza.
Questa riforma la chiamerei con il suo nome ministro: la mattanza Gelmini.
Riporto la lettera di Giovanna Nastasi affidatami dalla stessa affinchè la leggessi oggi in aula alla Camera, così come poi ho fatto. Le sue poche righe sono l'appello di uno dei tanti precari nel mondo della scuola e suonano come l'ultima chiamata prima della disperazione. Un appello che non può lasciarci indifferenti.
RESOCONTO STENOGRAFICO:
Signor Presidente, ho chiesto la parola non per dire ciò che pensa e chiede l'Italia dei Valori (l'ha detto prima di me l'onorevole Orlando) ma per leggere un accorato appello che una precaria, la professoressa Giovanna Nastasi di Catania, mi ha pregato di rivolgere al Governo. Mi ha pregato di rivolgerlo a lei, signor Ministro (Gelmini) che non c'è, a lei che dovrebbe venire qui ad ascoltare, ma che sicuramente riceverà tante lettere accorate come quella di questa professoressa precaria di Catania, che scrive:
LA LETTERA
Io sono un'insegnante di lettere e so per esperienza che quello che attualmente sta capitando nella scuola per moltissime persone, per noi insegnanti, per il personale amministrativo e tecnico, per le famiglie, e per la società è una catastrofe; questa è la realtà, una catastrofe, un massacro che è cominciato e continuerà nel prossimo triennio per arrivare alla decurtazione di 87 mila docenti e 44 mila unità del personale amministrativo, oltre ad altro personale che la scuola perderà (20 mila insegnanti e 15 mila addetti al personale amministrativo).
Signor Ministro - insiste e scrive la signora Giovanna - si tratta del più grande licenziamento di massa operato dallo Stato, molto di più di quanto non sia successo con Alitalia e con la FIAT, e questo voi lo volete far passare come una riforma di rigore e di merito; ma lei sa, signor Ministro, che dietro ogni posto in meno c'è una famiglia, magari monoreddito, una donna separata, una donna disperata, una vedova, un mutuo da pagare, figli da mantenere e da far crescere? C'è chi è invecchiato da precario arrivando a 56 anni nell'attesa di una stabilizzazione che non c'è e non potrà avere perché a noi - dice la professoressa Nastasi - non ci riciclano certo in consigli di amministrazione o in poltroncine ad hoc riservate solamente a politici «trombati».
Sono parole che vengono dal cuore, signor Ministro che non c'è, e mi lasci allora continuare questo accorato appello. Scrive la professoressa Nastasi e con lei le 87 mila professoresse Nastasi:
Vi rendete conto che certe decisioni vanno a sconvolgere l'esistenza delle persone? In un Paese civile e democratico ogni giorno non ci può essere chi si incatena, chi minaccia di darsi fuoco, chi si barrica, chi si arrampica sui tetti, chi fa lo sciopero della fame, chi va in terapia, chi va in follia. Temo, signor Ministro, che questo sia solo l'inizio.
Giusto per essere concreti, è questo il dramma umano che noi insegnanti e noi mamme - scrive la professoressa Nastasi - sentiamo di farle sapere: trovarsi improvvisamente senza quello che stavi cercando di costruire per anni e anni e non sapere all'improvviso come provvedere alla tua sopravvivenza, a quella dei tuoi figli, alla tua famiglia.
È un terremoto, signor Ministro, una catastrofe.
Certo so - scrive ancora nella sua lettera - quali sono le posizioni del Governo e del Ministro su noi precari: è una piaga ereditata dai precedenti Governi; la scuola non può essere un ammortizzatore sociale; non si può spendere il 97 per cento di risorse in stipendi. Ma, signor Ministro, noi non abbiamo ricevuto né stiamo ricevendo stipendi gratis. Noi abbiamo lavorato e stiamo lavorando spesso in luoghi disagiati. Abbiamo contribuito e contribuiamo a mandare avanti la scuola. Se la scuola deve produrre conoscenza, cultura, i soldi in cosa devono essere spesi se non per pagare chi fa questo lavoro? Non vi accorgete che l'ostilità che notiamo nei nostri confronti e nei confronti del personale non docente è frutto di una campagna di demolizione sul valore del lavoro intellettuale che non può essere misurato in una catena di montaggio comune? Dietro all'attività intellettuale c'è una persona che fa quello in cui crede, c'è la sua paura, la sua fragilità e la sua passione, la sua storia. Insomma, chi insegna porta progresso all'umanità. Non può essere considerato un fannullone, uno che non fa niente, uno che non lavora, non si può trattare la scuola come una catena di montaggio in cui per ragioni tecniche si taglia la cultura come dire si taglia la salute, come dire si taglia la vita.
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