martedì 21 aprile 2009

Un guru dell'economia: leggete...

Il sistema economico ha sbandato
ma non è caduto,
nonostante le previsioni

Sempre lucidissimo anche questo intervento del mio maestro Francesco Forte (ero suo stretto collaboratore quando fu Ministro delle Finanze nel 1982). Penso sia molto utile sottoporlo ai lettori del blog. Per questo ve lo allego integralmente. Grazie. Gianluigi Margutti

di Francesco FORTE - In un quadro mondiale che non appare catastrofico come nelle previsioni prevalenti sino a poco tempo fa, l’economia italiana va un po’meglio delle altre di paesi industriali avanzati. Per quanto riguarda l’economia mondiale le ragioni di ciò sono almeno quattro.
La prima è che le previsioni pessimistiche sin qui fatte dai grandi organismi internazionali erano viziate dalla necessità di ottenere nuovi finanziamenti per i loro interventi in aiuto di finanze ed economia in difficoltà (vedi Fondo Monetario Internazionale) e da pregiudizi ideologici contro il sistema economico di mercato vigente, derivanti dal fatto che in alcuni di tali organismi hanno un particolare potere gli intellettuali di sinistra.
Il sistema economico e finanziario mondiale pur negli sbandamenti, non è crollato come si affermava.
La sua architettura non ha bisogno di essere trasformata in quella di un sistema dirigista. Occorrono miglioramenti dei comportamenti delle autorità di vigilanza in relazione ai controlli delle regole vigenti e l’ estensione delle regole di prudenza finanziaria non solo alle operazioni bancarie tradizionali ma anche alla nuova finanza. Occorre rivalutare principi dimenticati come la virtù del risparmio e la prevalenza dell’economia reale sull’eccesso di finanza.
Drammatizzando la crisi si poneva e si pone in discussione il sistema di mercato genuino anziché discuterne le patologie.
C’è una seconda ragione per cui la crisi è stata presentata in modo esagerato: il fatto che le banche che volevano essere aiutate e gli economisti che sono loro simpatizzanti avevano bisogno di dimostrare che gli interventi pubblici a loro favore non servivano solo per salvarle ma servivano in primo luogo all’economia. E che non bisognava né perdere tempo, né guardare troppo per il sottile.
Ed eccoci alla terza ragione, in parte simmetrica a quella appena esposta. I governi e gli schieramenti politici propensi a favorire le banche con aiuti finanziari generosi ed ad estenderli alle industrie amiche mediante alti deficit di bilancio e coloro che credono che la ricetta per combattere la crisi consista nel pompare, comunque, denaro nell’economia secondo un superficiale modello neokeynesiano avevano loro bisogno di drammatizzare la situazione per sorreggere la propria tesi.
C'è poi una quarta ragione per cui il panorama non appare più quello di una "nuova Apocalisse" (si tratta di una colorita espressione di Giulio Tremonti, per indicare questo catastrofismo, con cui ha tratti per altro lui stesso ha simpatizzato). Ed è che le misure prese stanno avendo effetto, con il normale sfasamento temporale che intercorre fra la loro approvazione e il loro impatto sul sistema economico. Una parte di tali politiche, in quanto esagerate, genereranno poi inflazione e la necessità di nuove imposte, per combatterla. Mi riferisco in particolare alla politica degli Usa di Obama. Ma un’altra parte degli stati ha adottato politiche di intervento più prudenti e coerenti coi principi dell’economia di mercato. E ciò fa si che ci siano fattori che giocano in modo positivo per una ripresa strutturale senza inflazione. Inoltre la Cina riesce ad avere una crescita del 6-8 per cento , spendendo parte delle riserve valutarie accumulate.
Anche l’Italia va meglio di quanto contenuto nelle previsioni delle istituzioni e dai partiti interessati al pessimismo. E oltre al fatto che tali previsioni erano, comunque, esagerate per motivi strumentali, c’è il fatto che il nostro governo ha agito con politiche di bilancio prudenti, facendo leva sugli ammortizzatori sciali tradizionali, ampliati e rifinanziati e su interventi per le banche cauti, mirati e non discorsivi.
Con analoga prudenza si è comportato con l’industria dell’auto. Ha messo in cantiere opere pubbliche già programmate, anche in questo caso, tenendo conto dei vincoli di bilancio. Non ha messo nuove tasse e annuncia che non ne metterà. I consumatori del nostro paese d’altra parte non sono indebitati in modo eccessivo e possono meglio fronteggiare la crisi e reagire.
Quanto alle nostre imprese, esse hanno perseguito modelli e politiche che ora le rendono più capaci di altre di reggere nella concorrenza internazionale e di rispondere alla nuova esigenza dei consumatore di ogni fascia economica e sociale (bassa, media o alta) di acquisti con un buon rapporto qualità-prezzo. E si scopre così, che il nostro sistema produttivo non è in declino per senescenza, come si affermava da parte di molti guru economici, ma è giovane, robusto e dinamico. Ciò forse anche perché costituito da una miriade di imprese di diversa dimensione, piccole, medie, grandi (mai colossali) anziché di pochi grandi giganti. La storia di Fiat da un lato e General Motors dall’altro mostra che non sempre chi è “ il più grosso” è il migliore. (clicca)

1 commento:

Fabrizio Piacentini ha detto...

....bravo Professor Forte, una bellissima e sintetica lezione di economia che trova origine da un ristretto numero di studiosi torinesi, in anni successivi spesso dimenticati,(Reviglio,Forte ed il giovane Tremonti).
Grazie a L'ALTRA TRADATE per avercela proposta.
Fabrizio Piacentini