martedì 27 aprile 2010

A proposito di extracomunitari...

UNA LETTERA APERTA
Guardiamo con realismo al nostro tempo

Riceviamo e pubblichiamo
Egregio Direttore,
le chiedo spazio per portare un contributo che nasce da un’esperienza di pochi giorni fa.
Giovedì sera mia figlia di 13 anni festeggiava il suo compleanno insieme a 6 sue amiche: 3 italiane, 2 albanesi e una senegalese. Non perchè lei è buonista, come si sente spesso dire oggi, ma perché il mondo dei ragazzi nati sul finire del secolo scorso è anche questo.
Mentre queste ragazze erano a casa mia, ho seguito, un po’ distrattamente, l’intervento del Sindaco di Adro che alla televisione, rileggeva in versione italiana una lettera, mi pare, di un cittadino australiano che invitava gli stranieri approdati in Australia a guardarsi bene dal provare a mostrare le proprie identità nel paese che li accoglieva. E mi è sembrato di capire, leggeva questa lettera come se nei nostri paesi tutti gli stranieri chiedano di togliere i crocefissi dalle aule, piuttosto che di adeguare i menù delle mense scolastiche alle disposizioni delle proprie religioni e così via.
In verità è che non si ha il coraggio di guardare in faccia una realtà che non è riducibile agli slogan che ormai da anni si sentono e che di fatto ormai si sono incistati nei pensieri di molti producendo modi di pensare che, a mio avviso, non promettono nulla di buono.
Piuttosto che continuare a guardare alla realtà con gli occhi dell’ideologia occorre che, con razionalità, il mondo politico, in primis, ma anche i mass media guardino, sulla base degli studi seri che vi sono, delle buone pratiche di normale inserimento di famiglie e singoli nei nostri paesi e nelle nostre città, dell’analisi anche delle situazione critiche, al fenomeno dell’immigrazione come una realtà normale da governare e da vivere anche come un’opportunità. Anche perché lo spostamento naturale delle persone verso i paesi più avanzati si è sempre avuto nella storia. A questo proposito mi permetto di suggerire i contributi che il Cardinale di Venezia, Angelo Scola, va da tempo offrendo riflettendo sulla categoria del meticciato che in un’intervista di qualche mese fa a un noto settimanale cattolico alla domanda “Cosa si intende con l’espressione “meticciato di civiltà”? rispondeva «Quando parlo di meticciato non intendo un progetto politico da perseguire, ma un processo storico in atto, che è sotto gli occhi di tutti; una congiuntura da orientare. Per me è un orizzonte esplicativo di una grande mutazione sociale in atto, che provoca il cristiano ad andare fino in fondo alla verità della propria esperienza. Accettare tale processo significa accettare la storia; senza rinunciare al proprio volto, alla propria identità, ma lasciandosi provocare a darsi e dare le ragioni del nostro essere cristiani. Il meticciato, lungi dall’abolire la nostra tradizione, ci costringe, invece, a giocarla nel presente, anche nel rapporto tra accoglienza e legalità. Che si debba accogliere lo straniero è fuori discussione; oltretutto sarebbe antistorico e privo di prospettive scegliere altrimenti. Il problema, casomai, è il come e il quanto. Ma ciò non può essere deciso a tavolino dalla politica, se non come estremo rimedio nel caso di grave emergenza. Questo rapporto dovrebbe essere costruito dalla società civile. Non è possibile, allora, che in nome della paura si cancelli quanto è parte essenziale della tradizione giudaica e cristiana circa l’ospitalità».
Ecco cosa mi ha aiutato a comprendere meglio la festa dei tredici di una dei miei figli
Cordialità.
Giovanni Barbesino
Vedano Olona (VA)

3 commenti:

annarita s. ha detto...

Gli immigrati clandestini sono una realtà multiforme che dovrebbe essere indagata e compresa nei suoi caratteri concreti, invece che trasformata in una specie di categoria dello spirito, poi manipolata in modo da presentare uno specifico gruppo umano come un insieme indistinto di vittime tutte degne di aiuto o di delinquenti incalliti da combattere senza tregua. Naturalmente si tratta di esseri umani, la cui dignità non deve essere offesa per nessuna ragione, ma ovviamente questo non significa che, come accade ai cittadini italiani che violano le leggi, i loro reati non debbano essere perseguiti. La maggior parte dell’immigrazione clandestina è gestita da reti di trafficanti che sono a tutti gli effetti assimilabili alla criminalità organizzata. I clandestini pagano questo racket per ottenere un passaggio sulle carrette del mare o per essere pigiati nei container o nei camion che violano le frontiere europee. Molti sono spinti dal bisogno, alcuni dall’esigenza di sfuggire a situazioni di discriminazione o di guerra, ma ci sono anche quelli che puntano a esercitare attività criminali più lucrose, dallo sfruttamento della prostituzione alla riduzione in schiavitù di minori costretti all’accattonaggio forzato. La spinta del bisogno e della miseria va tenuta in conto, anche se naturalmente non giustifica i crimini. Accogliere, nella misura consentita dalla situazione economica e dalla capacità di fornire servizi indispensabili, lavoratori che intendono immigrare, sarebbe la soluzione più equilibrata, ma è proprio la pressione spropositata dell’immigrazione clandestina a stringere i canali di quella legale, secondo la logica che porta la moneta cattiva a scacciare quella buona. L’Italia, come tutti i paesi sviluppati, trae giovamento dall’immigrazione che riempie spazi di lavori, dall’assistenza agli anziani a quella ospedaliera, alla ristorazione, ai lavori agricoli stagionali e all’edilizia, che non vengono coperti a sufficienza in patria. Un po’ più controverso è il caso dell’immigrazione impiegata nell’industria, che spesso rappresenta una sorta di dumping sociale, utilizzato per mantenere troppo bassi i livelli salariali, con l’effetto secondario ma preoccupante di alimentare anche una ostilità verso gli immigrati nei settori operai meno qualificati che ne subiscono la concorrenza. Ci sono poi i profughi veri e propri, la cui accoglienza rappresenta un impegno d’onore per le democrazie, ma anche un onere che va equamente suddiviso tra loro, e infine, c’è un’area di vera e propria delinquenza d’esportazione, che non può essere negata per malintese ragioni “umanitarie” e che peraltro è testimoniata dalla colossale percentuale di clandestini nella popolazione carceraria o tra i responsabili di violenze contro le donne e i minori consumate in luoghi pubblici. Una politica verso l’immigrazione deve partire dal riconoscimento dei diversi filoni che confluiscono in questo fenomeno, in modo da poter avviare un processo di selezione e affrontare in modo differenziato le varie situazioni. Come tutti i processi che hanno origini esterne e incontrollabili, anche l’immigrazione di massa postula l’obiettivo di governarle invece di subirle, il che richiede in primo luogo conoscenza e strumenti articolati di intervento. L’ideologia dei “clandestini brava gente”, speculare a quella dei “clandestini tutti delinquenti”, è quindi l’esatto contrario di quel che serve. Annarita

Altra Tradate ha detto...

Grazie Annarita per il tuo contributo di grande qualità

Altra Tradate

Il circolo PD di Castiglione Olona ha detto...

A riguardo di questo tema vi proponiamo una lettera di una sostenitrice del PD e la risposta del segretario Pierluigi Bersani.

Lettera:
Caro Segretario,
le scrivo dal cuore della regione più “rossa” d’Italia. Il centrosinistra qui ancora vince ma inizia ad essere in difficoltà. Nelle scuole ho constatato con sgomento il fastidio con il quale i giovani guardano alla povertà. Il povero non ispira più quel sentimento di compassione che spesso ha animato l’uomo davanti alle sventure di un suo simile; ora la povertà ispira fastidio, a volte disprezzo. Questo sentimento è il perno dell’attuale successo della Lega tra i giovani. Il problema non sono solo gli immigrati ma chiunque si dimostri un po’ meno “luccicante” di loro. La scuola non riesce ad arginare questa ondata di disprezzo perché non è attrezzata per contrastare il messaggio di agenzie educative molto più aggressive. La scuola ha bisogno di essere riorganizzata permettendo ai ragazzi di passarvi la maggioranza del loro tempo. Questa è una sfida che noi, prima o poi, dovremo deciderci a raccogliere perché solo allora la Lega avrà davvero vita dura. Il clima di paura colpisce soprattutto le donne, vogliono persuaderci che il mondo è troppo pericoloso per noi. La paura costringe a chiudersi in casa, ad uscire solo se accompagnate da qualcuno, uomo ovviamente. Al centrosinistra serve il cuore per appassionare i giovani, il coraggio di aprirsi alla conoscenza di nuovi modelli di sviluppo e di diversi stili di vita, la coerenza di interpretarli con scelte e comportamenti personali.
Quella stessa coerenza per la quale il mio bisnonno non andava in paese la domenica per non dover indossare la camicia nera, mio nonno partigiano ha combattuto in montagna e per la quale io scelgo, nel mio piccolo, di arrivare sempre in sezione in bicicletta.

Risposta:
Cara Cecilia,
le cose stanno come dici tu.

Quella che descrivi è la sfida più grande per noi. Non può esserci una politica progressista senza un’idea e un sentimento di uguaglianza. C’è scarsa cittadinanza oggi, anche nella testa della nuova generazione, per quella idea. Parole come libertà, responsabilità, merito, diritti, ancorché ardue, sono tuttavia pronunciabili.
La parola uguaglianza lo è molto meno. Non pensare che sia una novità. Nella mia adolescenza, ad esempio, il classismo era senso comune. Poi l’aria rapidamentc cambiò; mai concedere qualcosa alla sfiducia! Affermare l’uguale dignità e libertà di tuttc le persone del mondo, comprese quelle che incontriamo alla porta di casa, è appunto un compito della nostra politica. La parzialità, la gradualità e il realismo delle soluzioni che la politica offre devono sempre illuminare e mai occultare i nostri valori di fondo.

Hai ragione: i luoghi di socializzazione sono le palestre vere per far maturare nei giovani nuove convinzioni. Una discussione, un confronto che siano battaglia di idee: la scuola dovrebbe costruire spazi per tutto questo.

Non dimentichiamo tuttavia quello che possiamo fare noi. Rompendo qualche schema e qualche ritualità anche dove siamo forti e radicati. Anche lì bisogna farci trovare dove c’è il problema e combattere a viso aperto perché non trovi risposta in regressioni culturali e ideali.

La ricorrente fine delle ideologie ne ha sempre fatte nascere di nuove. Berlusconismo e leghismo che cosa sarebbero mai? Dobbiamo ricordarci (e lo dico prima di tutti a me stesso!) che il nostro compito non è solo trasmettere scelte politiche o programmi ma un sistema di idee che viene prima. La comune umanità degli uomini, la loro comune dignità, sono la nostra vera cifra che dobbiamo rendere più visibile nel volto del partito che vogliamo costruire. In altre parole, l’idea di uguaglianza esiste negli uomini, esiste nelle persone (anche nei giovani!). Quando dorme, va risvegliata.

Pier Luigi Bersani