martedì 1 giugno 2010

La crisi: pensieri ad alta voce. Vogliamo ragionare?

UN NORMALE CORAGGIO

La crisi economica e finanziaria che i governi di tutto il ricco mondo occidentale non hanno saputo o voluto prevedere, somiglia stranamente a quella ecologica che sta distruggendo l'ambiente sulle coste americane del sud.
Si sono create le cause con le sciagurate trivellazioni del fondo marino, condite dall'ingordigia senza cautele dei petrolieri, in questo caso della BP.
Il petrolio come la grande crisi economica, invade e contagia, non lo si può fermare, si fanno tentativi complessi quanto inefficaci, con immense risorse concentrate per sanare i danni e che -usate prima- avrebbero evitato il disastro e creato benessere.
Chi paga pesantemente sono i deboli: dai poveri pesci ai poveri pescatori.

Come nella crisi economica i cittadini più poveri, i redditi più bassi, i consumatori sempre più vittime di altre categorie più potenti all'interno di questo Stato sempre meno attento al sociale.

Tutto ciò non è certo prerogativa italiana. Ma è solo qui che si svolge questo spettacolo, nella patria del teatro lirico, della commedia, del teatro comico e dei burattini. Meglio che altrove da noi vive il teatrino della politica, oggi rappresentato dagli attori che tanto fortemente lo avevano contestato.

Nella vicina Francia si è dato avvio velocemente ai provvedimenti anticongiunturali, in Germania la signora Merckel, ha fatto ancora di più ed ha interdetto -unilateralmente ed efficacemente- le speculazioni finanziarie a riporto. Perfino la Spagna di Zapatero, che di responsabilità ne ha parecchie, ha usato la linea forte, senza contare la Grecia costretta a farlo.

In Italia si sta a discutere se conti di più, nel gioco della politica, Berlusconi o Tremonti, su chi - dopo la grande crisi - sopravvivrà nel potere. Ma ancora non si sa con certezza dove intervenire, come farlo senza indispettire i più, se colpire o no i più ricchi e potenti, se toccare anche gli stipendi dei magistrati che già urlano alla lesa libertà di fare il loro lavoro!
Il teatrino della politica passa però pericolosamente dalla farsa al dramma.

Certo, non ci troviamo in situazioni di "lacrime e sangue", come disse Churchill agli inglesi in ben altra congiuntura, ma un po' di lacrime ci saranno: magari solo per quelli che a piangere sono più abituati.

Eppure, questa potrebbe essere una grande occasione favorevole per il Paese ed anche per il governo, preziosa per dare una svolta alla politica al suo modo di essere; alla burocrazia ed al suo grande potere interdittivo; ai poteri istituzionali ed alla loro capacità non frenabile di spesa, di creazione di società ed enti, di Consigli di Amministrazione, di prebende, consulenze, incarichi vari; al costume italiano di camuffare con l’alibi della cultura, della promozione, del turismo, dell'arte, l'esistenza di enti pletorici, burocratici, quasi sempre improduttivi, finanziati dalla grande cassa di uno Stato indebitato. E si potrebbe continuare assai a lungo.

Per fare questo salto ci vuole un esempio forte e una dimostrazione di unità politica, di governanti impegnati sui problemi più urgenti per tutti e non sulle intercettazioni, utili entrambi, di potenti o di delinquenti.
Alcuni gesti forti sono essenziali ed emblematici per cambiare il clima ed il giudizio popolare: la tassazione delle rendite finanziarie, il divieto, stile Merckel, dei giochi di borsa allo scoperto, la responsabilizzazione effettiva di banche e banchieri.
Per lo Stato la fine di certe esenzioni fiscali clientelari e assai costose, l'abolizione delle province, tutte, quelle destinate a trasformarsi in città metropolitane (le più grandi) e tutte le altre. Avendo il coraggio di superare i veti di Bossi e le resistenze delle “categorie” interessate, e spostando il personale dove più serve, senza sacche “sindacali” di impunità.
Serve un normale coraggio politico per fare cose fondamentali per un ritorno al Paese reale, ad uno Stato fortemente dimagrito, comprese le regioni ed i grandi enti locali.
Sappiamo bene che la democrazia è anche un grande voto di scambio. Ma un governo serio, con davanti tre anni senza elezioni, può permettersi questo coraggio che potrebbe dargli frutti positivi, se fatto con decisione.

Nelle prime manifestazioni di Forza Italia, si era divulgato lo slogan usato dagli USA nel drammatico tentativo di salvare la Somalia “Restore hope”, ritrova la speranza. In Somalia finì come sappiamo. In Italia lo stiamo constatando dopo una “campagna” molto più lunga di quella somala, ma pur essa inutile.

Non è dunque la speranza, ormai persa dagli italiani rimasti senza fiducia e senza alternative, che Berlusconi deve far ritrovare, ma salvare il Paese dalla disperazione che significa appunto “mancanza assoluta di speranza…” perché con la disperazione può avvenire di tutto: anche che si rovesciano i dati dei sondaggi, cosa assai cara al nostro Presidente. Ma non solo quelli!



1 commento:

Anonimo ha detto...

Per recuperare risorse da destinare allo sviluppo (nonsolo a diminuire le spese dello stato che vogliono comunque dir meno risorse a diposizione per comprare beni e servizi) si sarebbe dovuta rispristinare l'ICI sugli immobili (al di sopra di una certaq soglia di redito), riscuotere l'ICI sui beni ecclesiastici non destinati al culto e eliminare l'esenzione dalle imposte sempre per i beni ecclesitici destinati ad attività commerciali.