domenica 9 maggio 2010

Berlusconi e la corte dei miracoli...

ATTENTI AI GERARCHI

Se il presidente Berlusconi avesse ascoltato molti uomini del suo partito, quando gli raccontavano di voci e informazioni su molti autorevoli personaggi della sua corte, oggi non soffrirebbe gli eventi, taluni prevedibili ed evitabili, e non sarebbe costretto a richiamare, ormai poco convinto lui stesso, le strategie persecutorie della magistratura e, cosa certo non nuova e non cessata, che “nel partito ci sono troppi affaristi”. E lui sa solo quel che succede a Roma e dintorni. Ancora più patetiche, per il personaggio ormai credibile solo nel ruolo di cui è supremo attore, di laudator domini, le dichiarazioni del coordinatore del Pdl e ministro della cultura, il Bondi da Fivizzano, che ripete con aria seriosa e sofferta, che le inchieste “sono rivolte unicamente nei confronti dei rappresentanti di una determinata parte politica”.

Certo, è sempre colpa degli altri, dei complottisti, dei magistrati, del fuoco amico e di quello nemico, degli amici che hanno tradito la comune battaglia.

Ora è sotto tiro il Verdini da Fivizzano, pure lui (coincidenze della vita o innaturali convergenze e sante solidarietà?) e anche lui coordinatore del popolo delle libertà. Non sappiamo se anche a lui Bondi abbia dedicato una dolce poesia, come fece con il collega Cicchitto.

Ma il Verdini è un tipo tosto, anche più di Scajola ed anche abituato a incidenti giudiziari. Accusato di corruzione, nel quadro di una inchiesta della direzione distrettuale antimafia per questioni legate alla sua banca, il Credito cooperativo fiorentino, e ad operazioni in Sardegna dove rispunta vicino a lui la luminosa figura di Flavio Carboni, noto faccendiere che appare nelle più significative inchieste italiane e non solo, legate a mafia e camorra ed altri ambientini del genere, ed anch’egli abituato a frequentazioni carcerarie.
Può un partito che si definisce delle libertà, che voleva cambiare l'Italia rinnovando il paese dopo tangentopoli, riportare in auge valori tali da stimolare i sentimenti che in un tempo che sembra assai lontano si esprimevano nell’appassionato grido di Forza Italia?
Può ridursi a ciò che è, ed ad onta dei voti ancora numerosi, per puro amore di potere, e ridurre il suo ruolo ad un ben deludente simulacro di ciò che fu o meglio ciò che voleva essere?

Questa situazione, nella periferia del paese è pure peggiore, a causa del recupero e utilizzo, sotto le bandiere della libertà, di uomini che hanno caratterizzato e causato, con la loro presenza malefica, l'ingloriosa fine della prima Repubblica. Dopo aver distrutto la “libertas” ora distruggono la più attualizzata “libertà”.

Finita la prima Repubblica, la sedicente seconda si trova con tutti i sintomi delle precedenti malattie che il paziente non vuole riconoscere accusando i medici di essere mendaci, incompetenti e spesso pure traditori. Che fare dunque perché il male trovi un minimo di cura e non si diffonda a tutto il paese anche alle parti buone che pur esistono, a destra e a sinistra, e in tutta la società italiana, anch'essa non indenne dai difetti della sua espressione politica.
Occorre stimolare una rivolta morale che sia attiva e propositiva.
La consulente per i sondaggi di Berlusconi dottoressa Alessandra Ghislieri sta dicendo che la gente è al limite della sopportazione e della rivolta, che si sta vivendo un clima da linciaggio, una violenta contestazione a questo modo di fare politica, a questa incapacità di cambiamento al meno nei metodi e nei comportamenti, divenuti ormai insopportabili.

Noi non siamo sfascisti, non operiamo nella logica di Di Pietro o di Grillo e talvolta della Lega. Vogliamo essere propositivi ma senza illusioni, nella verità dei fatti, nel riconoscimento di vizi ed errori, nella constatazione dell'esigenza di una grande spinta morale che una società, drogata dalla cattiva comunicazione soprattutto televisiva, fatica a ritrovare.

Si dice che il popolo non è meglio dei suoi governanti ed è vero; ma dobbiamo riaffermare che i governanti devono essere meglio del popolo.

Ecco perché dobbiamo porci il problema della classe dirigente che non può essere inventata, conosciuta nei festini o assaporata nelle ville o osservata per l'abilità delle sue lodi e della disponibilità cieca, pronta, assoluta.

Ormai più di 15 anni fa Berlusconi aveva acceso una speranza che aveva fatto sognare gli italiani.

Quel sogno si è perso tra difficoltà oggettive, rivalità faziose, condizionamenti ma sopra tutto per avere voluto un partito troppo leaderistico, dove la vicinanza fisica al campo diventava autrice di ruoli, e magari non richiesti servaggi, di improprie gerarchie e di cattivi gerarchi.

I contenuti della proposta berlusconiana erano buoni, promettevano bene ma esigevano una classe politica capace di operatività e di sintesi. Molti di quei contenuti che non furono attuati sono ancora validi ma chi li aveva proposti non è più credibile con 15 anni di ritardo.
Occorre dunque una nuova realtà politica che sappia esprimere una dirigenza per l'attuazione di quei programmi, oggi da rivalutare alla luce dei cambiamenti della società italiana, della situazione europea, del contesto internazionale.
In un passato non del tutto lontano, il duce era circondato da gerarchi e li teneva nonostante la consapevolezza delle loro miserie e la pericolosità dei loro comportamenti. Gli facevano spostare le mandrie di vacche e squadre di aerei per dargli la sensazione di potenza e sicurezza.

Chi gli diceva la verità cadeva in disgrazia. E Mussolini, in politica, non era un parvenu.
Ma a farlo grande fu soprattutto la piccolezza altrui: di un re pavido ed inadeguato, di un governo liberale stanco ed alla fine della sua lunga esperienza, di una dirigenza del paese che preferiva fuggire e non affrontare i problemi.
I Gerarchi rubavano (naturalmente non tutti) il duce no, ma lasciava che facessero e disfacessero, sempre in nome del capo. Egli ne assumeva la responsabilità.

Anche in una democrazia, limitata e coartata come la nostra, ci sono i gerarchi e c'è un capo che li nomina, li sostiene, dà loro potere. Senza fare paragoni eccessivi ma pur sempre significativi, bisognerebbe ricordare ai capi che ben pochi gerarchi seguirono il loro capo sulle vergognose picche di piazzale Loreto. Ma lui, il capo, c’era e solo con pochissimi intimi. (Kybalion)

1 commento:

ex iscritta di Forza Italia ha detto...

a Tradate Forza Italia oramai è lo specchio di quanto qui leggo: bravi! ma anche a Gallarate.... che fa scuola a quelli di Tradate e della provincia d Varese