mercoledì 2 dicembre 2009

Consiglio Comunale: a Tradate Lega e PdL tirano diritto (1)

La tradizione celtica nello statuto provinciale? E' solo propaganda
Polemiche tra centrosinistra e Lega. Il carroccio ha imposto una votazione in consiglio provinciale con il riferimento alle tradizioni greca, romana, celtica e cristiana.

Il titolo (e il relativo catenaccio) lo abbiamo ricavato da VareseNews, che riferiva di un consiglio provinciale molto discusso. La Lega sta ponendo la questione in fotocopia ovunque, nei consigli comunali, solo per propaganda e per far perdere tempo. Alleato alla Lega (i cui consiglieri comunali sono stati ancora una volta praticamente muti) l'appiattito' PdL tradatese. Al PdL interessanno questioni più importanti e concrete sul territorio, quello 'edificabile' per essere sempre in sintonia con il loro capo assoluto, mister Candiani! Poveri noi!

Per permettere un approfondimento, alleghiamo l'intervento che ci hanno fatto perveire i cosiglieri di Unione Italiana (Margutti e Tagliabue) presenti in Consiglio comunale. Ne pubblicheremo altri, qualora pervenissero.

La Lega Nord, spesso supportata supinamente dal PdL, sta proponendo in vari comuni di variare gli Statuti per inserire un articolo che, “riconosca nelle radici greco, romane, celtico, cristiane il fondamento storico, culturale e religioso che ha edificato nei secoli l'Europa”. Il tutto pretestuosamente parte dalla nota questione della sentenza della Corte Europea sul Crocefisso.
A tal fine sono a raffica proposte mozioni, esilaranti sotto il profilo storico.
A Tradate, in risposta e votando contro alla mozione leghista e pdellina, così hanno argomentato i consiglieri di Unione Italiana.
Per vostra utilità ne riportiamo il testo.
Dichiarazione di voto
La mozione, in termini puramente strumentalizzanti, è stata proposta dalla Lega e dal PdL dopo la famosa questione della sentenza della Corte Europea riguardante il crocefisso nei locali delle scuole. Da questa prendiamo le mosse per esprimere il nostro pensiero e la nostra posizione.
La sentenza della Corte Europea di Strasburgo sul crocefisso (che ha stabilito che esporre il crocefisso nelle classi della scuola pubblica è contrario al diritto dei genitori di educare i loro figli secondo le proprie concezioni religiose, e al diritto degli alunni alla libertà di religione) "è stata accolta in Vaticano con stupore e rammarico". Naturalmente.
Noi, che invece vogliamo, in politica, continuare a essere laici, siamo convinti che non è togliendo il crocefisso che si diventa tali.

Anzi! Proprio rispettarne il significato, la tradizione e la cultura sono segno d’intelligenza, tolleranza e apertura ai valori della nostra società. Non vogliamo discriminazioni religiose, ma neppure desideriamo che ci siano imposti (con sentenze opinabilissime) comportamenti che offendono le nostre radici occidentali e cristiane.

In caso contrario si fa il gioco di chi ama far salire quella marea e quella deriva ‘antidemocratica e razzista’ sulla quale continua a fare fortune – con atteggiamenti contradditori per un partito di Governo – la Lega Nord.

Concordiamo che “il crocefisso è un simbolo universale, non confessionale". Apprendiamo che il governo italiano ricorrerà contro la sentenza della Corte. Condividiamo quanto afferma Gianfranco Fini: "La laicità delle istituzioni è valore ben diverso dalla negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del Cristianesimo nella società e nella identità italiana"; e apprezziamo Pierluigi Bersani per cui "il buonsenso ha finito per essere vittima del diritto. L'esposizione del Crocefisso non è offensiva per nessuno".

Ovviamente il pretesto del crocefisso è stato ‘mischiato’ in modo non decoroso con altre questioni, che nulla hanno a che vedere con il problema di partenza.

Ovviamente esiste chi mescola le carte e gioca per far emergere concetti e idee da “deriva autoritaria” e quasi da “superiorità di razza”, concetti totalmente estranei alla Costituzione Italiana e che confliggono con la stessa.

Si vuole propinare, inserendolo nello statuto comunale, un concetto che è contro la storia e contro la nostra cultura.

Secondo noi occorre costruire il futuro sull'onesta storia del passato.
Per questo cerchiamo di spiegarci.
Recentemente è stato presentato un libro, “Prima di Varese”.
Dallo stesso prendiamo ampi spunti.
E’ un libro di narrazione-indagine, scritto per organizzare la memoria degli avvenimenti riguardanti l’origine piuttosto enigmatica della città di Varese. Chi erano e come si chiamavano gli antichi abitanti di questo territorio? Come e quando nasce Varese? Quali sono le sue origini e quelle della tanto decantata Regione Insubrica?

La ricerca ha riscontrato che poco si conosce delle origini di Varese, solo rari segni antichi, suggestioni di luoghi, nessun segno di un borgo antico. Questo vuoto e la scarsità di documenti ha motivato l'autore a fare una sorta di indagine per capire come mai di fronte a fonti incerte, spesso leggendarie, esistono oggi molti luoghi comuni, e slogan, che attribuiscono al territorio nomi o derivazioni da questa o quella popolazione.

La curiosità maggiore è stata rivolta alla civiltà di Golasecca da molti considerata la "madre della civiltà Insubrica".
Oggi infatti sono in molti a collegare l’avventura degli Insubri alla sorte dei golasecchiani, anche se nessun indizio archeologico permette di associare e motivare questa evoluzione della popolazione in modo omogeneo su un territorio tanto vasto, così come non è sostenibile una colonizzazione celto-insubrica omogenea di tutta l’area lombarda.

Nessun elemento sinora rinvenuto è sufficientemente probante da permetterci di affermare che i gruppi umani protagonisti per tutta la prima età del Ferro, nell’area tra Sesto Calende, Golasecca e Castelletto Ticino, siano stati rimpiazzati dagli Insubri.
E poi cos’è l'Insubria? Secondo l'autore è una reinvenzione geopolitica che dal presente si proietta sul passato, senza un documentabile riscontro storico.
Oggi l’area insubrica viene fatta coincidere con la zona tra i due laghi, Verbano e Lario, a cavallo fra la Svizzera e lÂ’Italia: ovvero il territorio del Canton Ticino e le province di Como, Lecco, Varese, Verbano-Cusio-Ossola, Novara. Si tratta di una regione geograficamente piuttosto ampia e ben definita, ma non corrispondente a quanto hanno riportato gli antichi storici romani.
Anche nelle vicende storiche successive ai romani non sono emersi riscontri evidenti e inequivocabili di un territorio dell’Insubria in quanto tale.
In questo arco di tempo numerosissimi e notevolissimi sconvolgimenti politici e sociali hanno trasformato il volto di tutta la Lombardia, altre invasioni e altre dominazioni hanno cambiato a più riprese la cultura delle sue popolazioni. Si sono alternate soprattutto storie di divisioni più che di unioni. Sono passati Germanici, Spagnoli, Francesi, Austriaci. Infatti nel dialetto di molte città lombarde sono frequenti echi del francese: ma tanto poco un lombardo contemporaneo si ritiene francese, quanto un cittadino dell’Insubria di oggi è identificabile con l’origine celtica, ancor più remota.

Un nostro commento: dopo avere letto quanto sopra, riuscite a comprendere quanto siano ignoranti e storicamente scazonti e scadenti quelli che sbraitanto su questioni solamente orecchiate al bar?

Per questi motivi convintamente respingiamo la mozione presentata da Lega e da PdL, confidando che dopo queste delucidazioni il PdL si appropri di dignità culturale di fronte ad aberranti interpretazioni storiche.

Non imbrattiamo il nostro Statuto Comunale con ‘bufale’ immesse solo per compiacere una incerta e scialba intuizione politica.


dr Gianluigi Margutti
dr Massimo Tagliabue
consiglieri comunali di Unione Indipendente - Unione Italiana

Nessun commento: