sabato 31 ottobre 2009

Politici e industriali con conti in Svizzera «Se solo parlassi, guerra civile in Italia»

LA RIVOLTA DEGLI GNOMI
L’intervista ad un quotidiano svizzero tedesco
di un ex direttore di Banca in Ticino

BERNA – No, non è un direttore di Banca in servizio l’autore della rivelazione secondo la quale «se parlassi il Governo Berlusconi cadrebbe in un giorno». La “gola profonda” che il popolare “Blick”, quotidiano svizzero in lingua tedesca, ha solleticato al termine di settimane di tensione fra Svizzera e Italia sulla storia dello scudo fiscale, è in realtà un ex direttore che ha operato, per anni, in Ticino.
Basta andare a leggersi il servizio di Henry Abegger pubblicato nell’edizione di ieri del tabloid rossocrociato, noto per le sue inchieste che hanno messo alla berlina personaggi anche di alto rango della vita svizzera. Anni fa rivelò che Carla Del Ponte, il magistrato ticinese noto per essere stata la grande accusatrice dei criminali di guerra serbi, croati e bosniaci nella mattanza dell’ex Yugoslavia. La Del Ponte, allora Procuratore federale, aveva fatto mettere sotto controllo – secondo il quotidiano – i telefoni del giornale per cercare di capire chi fossero gli informatori, ben documentati, di una serie di servizi pubblicati, una sorta di dossier sul malaffare elvetico.Nel servizio dedicato alla querelle italo-svizzera l’attacco è fulminante: «L’Italia ha dichiarato una guerra fiscale alla Svizzera. Lo ha fatto con una razzia portata a termine dalla polizia finanziaria (cioè la nostra Guardia di Finanza, NdR) in 76 filiali di banche elvetiche. Gli italiani stanno scherzando col fuoco». Chi si impressioni davanti a tanta determinatezza non ha ancora letto il resto. «Quanti scheletri ha in cantina Berlusconi?» con evidente riferimento a supposti depositi di fondi all’estero del premier. Ed ecco la risposta di quello che – sotto forma di assoluto anonimato – viene presentato come un ex direttore di banca in Ticino con una pluriennale carriera alle spalle. Testuale dal Blick: «Non c’è nessun esponente del Governo, nessuno fra i principali rappresentanti del mondo dell’economia italiana che non abbia un conto in Svizzera» e aggiunge che negli Istituti di credito della Confederazione ci sono documenti che scatenerebbero «una guerra civile» se fossero resi pubblici. Per questo Berlusconi «farebbe meglio a non restare troppo alla finestra a guardare» anche perché dovrebbe spiegare «da dove sono giunti i soldi che gli hanno consentito di costruire il suo impero, Fininvest». E, in chiusura l’affondo, che richiama la tensione fra il presidente del Consiglio e il suo ministro dell’economia, Giulio Tremonti uno che, secondo Blick sta cercando una posizione favorevole «nella lotta alla successione». Un servizio, insomma, che resuscita posizioni già note come la pessima impressione che nel mondo svizzero-tedesco e tedesco c’è di Berlusconi (una motivazione già in auge a partire dal primo suo incarico, nel 1994 e che si è rafforzata nel corso del quinquennio 2001-2006) ma che aggiunge queste vere o presunte rivelazioni dell’anonimo banchiere. Per la verità non occorreva il servizio del Blick per sospettare o anche semplicemente immaginare che il gotha della politica e dell’economia italiana avessero depositi all’estero. Ci si domanda solo perché queste rivelazioni vengono solo minacciate, quasi fossero un’arma di scambio per indurre il governo italiano a più miti consigli. La risposta è semplice: in Svizzera violare il segreto bancario è come bestemmiare in chiesa. Soprattutto è reato. Per farlo occorre una precisa dispensa che nasce solo da inchieste giudiziarie accolte dalla Magistratura elvetica.
M.S.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dimmi dove vai (anche in ferie) e ti dirò dove hai i conti!
Lo scudo fiscale?
Rende leciti denari illeciti!!!!
Gli Svizzeri? perfetto l'articolo!
Nomi? TANTISSIMI I TRADATESI....gola profonda di banca locale ;-)