DUE POPOLI, DUE STATI
E LIBERA INFORMAZIONE
Riceviamo e pubblichiamo
Il passaggio al nuovo anno è stato segnato dal violento riemergere del conflitto tra israeliani e palestinesi. Il conflitto si è protratto a lungo, in un momento di drammatica debolezza di Abu Mazen, di campagna elettorale in Israele, di attesa di insediamento negli Stati Uniti del Presidente Barak Obama e di coincidenza con il cambio di presidenza dell’Unione Europea. Agli atti di violenza di Hamas si è sommata la scelta bellica del Governo di Israele.Le macerie stanno sotto i nostri occhi. Più di mille morti in terra palestinese, gran parte dei quali civili indifesi. Le stesse organizzazioni umanitarie sono state oggetto di attacco e sono state messe nelle condizioni di non poter operare soccorsi. Intorno a questo terribile scenario si è manifestato un altro elemento altamente scoraggiante per la risoluzione del conflitto in Medio Oriente, e cioè quello dell’incapacità della politica e delle diplomazie internazionali a farsi ascoltare, a rendersi protagoniste di un’azione congiunta efficace per il ripristino della legalità internazionale e della pace. Come Italia dei Valori lo abbiamo espresso più volte e in più sedi.
Il destino di israeliani e palestinesi è, e rimarrà, intrecciato; l’esistenza dei due popoli, per quanto invischiati da troppi anni in odi e risentimenti reciproci, dipenderà dalla loro capacità di imparare a coesistere e riconoscersi come legittimi. Lo Stato di Israele, per vivere in pace, ha bisogno di un autorevole Stato palestinese e viceversa.
Purtroppo, quest’ultima guerra lascia esterrefatti per quella mancanza di lungimiranza che l’ha resa così cruenta e sproporzionata nell’uso della forza. Più di trecento bambini morti a Gaza peseranno come un macigno sulla qualità dei prossimi rapporti tra i due popoli e le due rappresentanze politiche. Non ci sono alibi, né politici, né militari: dai resoconti giornalistici e dalle testimonianze degli operatori umanitari sul campo è emersa una carica distruttiva ingiustificabile.
In Italia, purtroppo, abbiamo assistito, oltre che alla pavidità ed alla approssimazione della nostra politica estera, anche a una serie di minacce censorie, rivolte da alcune forze politiche e da alcune figure istituzionali, a trasmissioni televisive giornalistiche che hanno informato su scenari e ricadute importanti del conflitto mediorentale. Annozero di Michele Santoro ad esempio. Un simile atteggiamento ha tutti i caratteri del solito vizio del potere politico italiano che vuole condizionare il lavoro dei giornalisti e quello della libera informazione. Probabilmente riflette, anche, l’antico stratagemma del potere di turno che vuole far parlare d’altro per nascondere gli insuccessi del proprio operato. Ma rimane il fatto che una trasmissione che ha messo l’accento su una parte importante della realtà in questione, le vittime innocenti e l’inerzia della politica nazionale ed internazionale, è stata oggetto di diffide ed intimidazioni.
In Italia ci sono tanti organi di informazione, ognuno dei quali può mostrare una prospettiva particolare sugli accadimenti che intende far conoscere. Nessuna può essere considerata come testimone unico di verità. La migliore informazione è quella che dichiara su cosa vuole informare senza per questo sostenerne un primato di verità. Ad argomentazioni si risponde con argomentazioni. Il fatto che in Italia persistano pulsioni censorie e strumentali rispetto alla libera informazione ed alla libera opinione genera ancor più sdegno se si considera lo scenario all’interno del quale queste si sono ripresentate.- (Leoluca Orlando)
3 commenti:
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ISRAELE/ 1. Da Gaza un avviso a tutto il mondo occidentale…
Claudio Morpurgo
lunedì 29 dicembre 2008
Da Gaza giunge un’operazione di verità, forse scomoda, ma oggi inevitabile. Abbandonando stereotipi, strumentalizzazioni, partigianerie, tutti possono cogliere, infatti, aspetti essenziali e non sempre correttamente valutati del conflitto israelo-palestinese.
Israele, in primo luogo, non poteva fare altro. Sono mesi che, ogni giorno, nel silenzio dei media occidentali, giungono da Gaza sulle confinanti città israeliane missili portatori di distruzione. La sicurezza dello Stato ebraico imponeva un’azione di autotutela e difesa, dato che, a nessuno, può essere richiesto di accettare passivamente iniziative finalizzate alla sua distruzione.
Mai, come in queste ore, Israele è unito. I commentatori, i politici, la gente comune - in un Paese che normalmente è caratterizzato da una conflittualità interna straordinaria e violentissima - sanno bene come non ci fosse, ormai, un’alternativa possibile. Il terrorismo va fermato, anche con la guerra, ma va fermato.
Non solo. Gaza è la patria di Hamas, di un movimento teocratico e islamista che non vuole la pace e che non riconosce, oltre ad Israele, neppure il Governo dell’Autorità Palestinese. Hamas è fratello gemello di Hezbollah, condivide le posizioni del Presidente iraniano Ahmadinejad, vede nell’Occidente (e non solo in Israele) un nemico da annientare.
Con Hamas, oggi, non è possibile nessun accordo perché non accetta la legittimità delle controparti. I bombardamenti israeliani mostrano, quindi, anche questa seconda terribile verità: il popolo palestinese non è stato in grado, sino ad ora, di meritarsi una pace. Ottenuto il governo su Gaza (grazie alla lungimirante decisione di Ariel Sharon) e la possibilità di costruire una progressiva autonomia nazionale, si è diviso, tra mille clan, tribù, interessi particolari.
Non esiste una leadership (politica, economica, sociale) condivisa, manca una qualsiasi forma di tutela dei principi democratici, latita un progetto di sviluppo economico, trionfano logiche di corruzione. Per non parlare della totale assenza di processi di institutional building in settori chiave come la giustizia, la sanità, la pubblica amministrazione. L’Autorità Palestinese è l’emblema dell’autofallimento di una generazione incapace di evolvere da una prospettiva di costante ostilità verso il vicino, ad una dimensione di collaborazione e di mutua crescita.
Tra le tante verità provenienti da Gaza, una terza balza prepotentemente agli occhi: l’assoluta mancanza di ruolo nell’area dell’Occidente e dell’Europa. Rinchiusi in vuoti steccati ideologici, i presunti portatori di civiltà e democrazia non hanno visto - o, meglio, non hanno voluto vedere - cosa stava accadendo. Non hanno colto come la minaccia di Hamas andasse fermata preventivamente, come la leadership di Hamas portatrice di messaggi di violenza andasse positivamente combattuta. Se non con le armi (come sta facendo oggi Israele), con i mille altri mezzi di natura sanzionatoria che potevano essere adottati e che avrebbero potuto impedire l’attuale escalation.
Non si può paragonare Israele, unica democrazia dell’area, a Hamas. Non si possono assumere posizioni equidistanti o equivicine… Oggi, come non mai, Israele e la sua sicurezza devono essere considerati il fulcro su cui pacificare l’intero Medio Oriente. Chi attacca Israele, chi ne postula la distruzione, in realtà attacca tutti quei valori, quei principi (la democrazia, il pluralismo, la tutela dei diritti universali dell’uomo, per ricordarne solo alcuni) su cui è costruito il modello occidentale. I missili di Hamas, in altre parole, non hanno colpito soltanto Sderot e le città israeliane, ma hanno sempre avuto come bersagli anche New York, come Parigi, Roma, Madrid.
Israele sta combattendo una guerra per la salvaguardia di tutti noi. Lasciarlo solo sarebbe un inaccettabile atto di autolesionismo e soprattutto sarebbe un regalo agli islamisti che non vogliono la pace e che speculano sulla tragedia del popolo palestinese. Israele, forte e sicuro, è l’antidoto più grande contro chi uccide nel nome di Dio e contro chi vuole minare i valori che sono alla base della nostra identità occidentale.
Questa è forse la più grande verità che ci giunge, oggi, da Gaza.
Una posizione quella di Claudio Morpurgo nella quale mi identifico pienamente.
Siamo su questo spinoso problema: lo scontro tra lo
Stato di Israele ed i movimenti dell'estremismo islamico nel loro complesso
come europei CIECHI, SORDI, MUTI...E PAUROSI.
Lamentiamo poi gli effetti che un'esercito moderno e potentemente armato causa
in una delle zone più affollate del globo,...mai un pensiero alle nostre responsabilità ed alle POSIZIONI FORTI da doversi tenere DA PARTE DI TUTTI I PAESI DEMOCRATICI EUROPEI VERSO GLI INTEGRALIOSTI MUSULMANI SPARSI PER IL MEDIO ORIENTE.
....è forse il caso di meditarci.
FABRIZIO PIACENTINI
....scrivere opinioni su un BLOG non ci esime dalle regole della grammatica italiana. Pertanto...autocorreggendomi: Un maschile ("un esercito")
non si apostrofa).
Ripensamento dovuto alla mia maestra elementare, mai dimenticata Giuseppina
Bianchi. Grazie.
FABRIZIO PIACENTINI.
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